TRATTAMENTO ACQUE REFLUE E METEORICHE: FOSSE BIOLOGICHE
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Depurazione delle acque di scarico aziendali

Depurazione delle acque di scarico aziendali

Conosciuta sin dall’antichità, la fitodepurazione è il sistema più naturale per l’abbattimento degli inquinanti delle acque e si basa sul principio della “autodepurazione” che avviene in ambienti acquatici e umidi in presenza di piante. Questo sistema, sta di nuovo prendendo piede negli ultimi anni ed è adottato come una vera e propria tecnica di depurazione grazie ai suoi bassi costi di costruzione e manutenzione e alla sua grande affidabilità. Il suo principale inconveniente consiste nella necessità di elevate superfici del letto di fitodepurazione al fine di eseguire i processi che determinano la rimozione delle sostanze inquinanti dalle acque.

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Per tali motivi recentemente si è pertanto diffusa la tendenza all’uso della fitodepurazione per il “trattamento terziario” per affinare l’effluente già sottoposto ad un trattamento secondario (di carattere biologico) in quanto quest’ultimo, operando una prima rimozione degli inquinanti, riduce drasticamente l’esigenza di superficie da destinare alla costruzione del letto di fitodepurazione.

CONFIGURAZIONE DEL SISTEMA

Le unità operative del sistema sono riportate nella tabella sottostante che specifica anche il tipo di trattamento operato e i componenti impiantistici impiegati.

I componenti impiantistici saranno illustrati di seguito, prima però è opportuno fare alcune considerazioni per valutare la funzionalità del sistema e le sue possibili applicazioni.

Unità operativa

Componenti

Tipo di trattamento

Trattamento primario

Fossa Imhoff / Separatore di grassi
Griglia / Filtro a coclea

Rimozione dei solidi sospesi, degli oli e dei grassi

Trattamento terziario

Impianto di fitodepurazione a flusso sommerso orizzontale

Finitura fisica, chimica, biologica dell’effluente

Trattamento primario

In questo passaggio uno o più componenti hanno la funzione di ridurre drasticamente le sostanze che danneggiano o inibiscono l’attività batterica (solidi sedimentabili, corpi grossolani, oli e grassi) che avviene nel filtro biologico. In alcuni casi (adottando ad esempio una fossa Imhoff) ciò avviene contestualmente alla stabilizzazione biologica del fango rimosso. La scelta del componente più idoneo dipende ovviamente dal tipo di liquame da trattare.

Trattamento secondario

Questo è operato dal bacino di bilanciamento idraulico e filtrazione biologica con la funzione sia di rimuovere una frazione consistente del carico inquinante che di smorzare i picchi di scarico equalizzando la portata dell’acqua alla fitodepurazione. Questa viene alimentata con un moto forzato che consente una migliore distribuzione del flusso entrante lungo tutta la superficie del letto. Nel contempo l’acqua addotta al fitodepuratore sarà abbondantemente ossigenata grazie all’aerazione operata nel bacino ed al continuo ricircolo a cui il percolato si sottopone. Inoltre va sottolineata la particolare capacità del filtro biologico di rimuovere le sostanze inquinanti con un esiguo residuo di fango (che viene poi agevolmente biodegradato dal fitodepuratore).

Trattamento terziario

Il trattamento di finitura è quindi operato da un impianto di fitodepurazione a flusso sommerso orizzontale: questo viene preferito a quello verticale per la maggiore semplicità ed economicità di costruzione e manutenzione ma in ogni caso l’impiego di un impianto a flusso verticale non può essere escluso (soprattutto nei casi dove sono richieste particolari efficienze di rimozione). Grazie all’apporto del bacino di bilanciamento idraulico e filtrazione biologica, l’impianto di fitodepurazione viene alimentato con un’acqua che (rispetto alle condizioni a monte) è molto ben ossigenata, meno inquinata, più biodegradabile, equalizzata e ben distribuita lungo tutto il letto. Da ciò conseguono prestazioni di rilievo del sistema soprattutto in applicazioni che richiedono una efficienza depurativa particolarmente elevata.

CAMPI DI APPLICAZIONE

Ciò premesso, questo sistema integrato è particolarmente adatto alla depurazione dei seguenti scarichi:

  • acque reflue urbane, domestiche e assimilate alle domestiche ai sensi dell’art. 2 del DPR 19 ottobre 2011, n. 227 (alberghi, ristoranti, campeggi, scuole, ospedali, fabbriche, cantieri, ecc.) nei casi in cui sia richiesta un’acqua depurata di elevata qualità sia per il riutilizzo che per limiti di emissione particolarmente restrittivi;
  • acque reflue di aziende agroalimentari (cantine, birrerie, distillerie, caseifici, salumifici, conservifici, pastifici, ecc.) e di allevamenti zootecnici (bovini, suini, avicoli) i cui parametri di inquinamento sono talmente elevati da non essere riconducibili entro i limiti normativi di emissione mediante un solo stadio di trattamento biologico;
  • acque reflue di attività industriali (lavanderie, jeanserie, aziende farmaceutiche, ecc.) e di altra natura (per es. il percolato da discariche di RSU): queste, pur essendo biodegradabili, contengono sostanze inquinanti la cui rimozione necessita di un appropriato trattamento di finitura.

DESCRIZIONE DEL SISTEMA

A parte le attrezzature installate fuori terra (griglia, filtro a pressa) gli altri componenti delle unità di trattamento primario e secondario (la fossa Imhoff, il degrassatore, il bacino di bilanciamento idraulico e filtrazione biologica) vengono generalmente interrati. Tali strutture vengono realizzate con l’impiego delle vasche monoblocco prefabbricate in cemento armato vibrato, assicurando sia la facilità di ispezione (con chiusini in ghisa o cemento) che la transitabilità del terreno sovrastante. Tutti manufatti utilizzati sono realizzate a getto in soluzione monoblocco con l’impiego di cemento e ferro controllati in stabilimento e forniscono garanzia di tenuta idraulica e stabilità strutturale.

Unità di trattamento primario

Il componente per il trattamento primario va scelto in funzione del tipo di liquame e dimensionato in base ai dati di scarico (portata idraulica e parametri di inquinamento).

La fossa Imhoff viene impiegata per il trattamento delle acque di fognatura ed ha una duplice funzione: sedimentatore primario e digestore anaerobico del fango. Viene attrezzata con un canale longitudinale realizzato con lamiere di acciaio inossidabile (o in cemento) che separano, secondo le disposizioni di Karl Imhoff, il comparto di sedimentazione dal sottostante comparto di accumulo, ispessimento e digestione anaerobica del fango sedimentato.

Le fosse Imhoff impiegate sono conformi alle norme tecniche generali sulla natura e consistenza degli impianti di smaltimento sul suolo e in sottosuolo di insediamenti civili di consistenza inferiore a 50 vani o a 5000 mc di cui all’allegato 5 della delibera 4 febbraio 1977 del Comitato interministeriale per la tutela delle acque. La conformità alla norma riguarda in particolare i seguenti aspetti:

  • le peculiarità di tenuta idraulica e resistenza strutturale delle vasche;
  • la particolare conformazione assicura il corretto deflusso del liquame e uniforma la distribuzione del fango sul fondo;
  • le fosse sono dimensionate secondo i parametri stabiliti dalla norma per il comparto di sedimentazione (40 - 50 litri per utente) e per quello di digestione (100 - 120 litri per utente).

Così progettate e realizzate, le fosse Imhoff rimuovono la totalità dei solidi sospesi sedimentabili (circa il 70% di quelli totali) e una parte del carico organico (circa il 30% di BOD5). Il fango sedimentato risulterà ben ispessito e stabilizzato e quindi conferibile ad un trattamento di disidratazione.

I separatori di grassi o degrassatori sono disciplinati dalle norme UNI EN 1825-1 e UNI EN 1825-2. Questa dispone che devono essere utilizzati ove sia necessario rimuovere i grassi e gli oli di origine vegetale e animale dalle acque reflue (esclusi gli scarichi degli eventuali servizi igienici) delle seguenti attività:

  • cucine per ristorazione collettiva (ristoranti, alberghi, mense, ecc.);
  • impianti di lavorazione carni (macellerie, salumifici, mattatoi, ecc.);
  • altri impianti (saponifici, raffinerie di oli vegetali, pastifici ecc.).

I degrassatori possono essere ricavati in un comparto di una vasca suddivisa tramite setti divisori interni oppure realizzati con una vasca dedicata. La dimensione nominale del separatore vanno determinate per ogni singola installazione utilizzando la metodologia di calcolo dalla UNI EN 1825-2. Se ben realizzati e dimensionati, nelle condizioni di carico compatibili con le sue dimensioni nominali, sono in grado di ridurre il contenuto di grassi residui al di sotto di 20 mg/l.

La griglia statica autopulente viene impiegata per rimuovere particelle solide di dimensioni non inferiori a 1 mm filtrabili per sola gravità. In alcuni casi, come ad esempio nelle acque di scarico delle cantine, tali corpi (foglie, raspi, bucce e semi degli acini, ecc.) possono essere riutilizzati in aggiunta alle vinacce.

Il dispositivo è una griglia di nuova generazione (Wedge Wire Screen) che si sta diffondendo molto per le sue prerogative di semplicità ed efficienza. La griglia viene installata preferibilmente fuori terra ed è collegata in entrata alla condotta di adduzione delle acque di scarico e in uscita alla condotta di deflusso dell’acqua filtrata al successivo trattamento. La griglia è completamente realizzata in lamiera di acciaio inossidabile, dimensionata adeguatamente alla portata di alimentazione ed è accessoriata con una bacinella di raccolta del materiale grigliato. In base alla sua conformazione, nello scorrere dell’acqua lungo la superficie, i corpi solidi di dimensione superiore a 1 mm vengono trattenuti e lo stesso scorrere dell’acqua provvede all’autopulizia della griglia tendendo a trascinare i corpi solidi verso la bacinella. Quando quest’ultima è piena il materiale trattenuto deve essere rimosso per essere recuperato (come nel caso delle cantine) oppure conferito ad uno stoccaggio provvisorio o direttamente al recettore finale che, ove consentito dalle norme, può essere costituito da un cassonetto dell’immondizia.

La griglia statica autopulente richiede sostanzialmente due operazioni di manutenzione periodica: la rimozione del materiale grigliato e la pulizia della superficie filtrante.

 

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La particolare forma dell’interspazio fra due doghe successive provoca un fenomeno (detto “effetto Coanda”) per cui i filetti fluidi della corrente che defluiscono sulla superficie filtrante tendono a rimanere aderenti alla griglia deviando il loro flusso all’interno degli interspazi, da cui risulta una maggiore capacità di filtrazione della griglia rispetto a quelle tradizionali.

Nelle applicazioni dove non è praticabile la separazione dei solidi dai liquami per sola gravità (come ad esempio nel caso dei reflui zootecnici) devono essere utilizzati i filtri in pressione. La macchina di uso più frequente è il filtro a coclea, costituito da una camera di compattazione al cui interno ruota lentamente una coclea che comprime il liquame contro una gabbia filtrante. Il settore dei reflui zootecnici è stato oggetto di una serie di studi (effettuati negli ultimi anni dal Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti) che hanno evidenziato come il trattamento di separazione solidi-liquido può essere migliorato drasticamente se a monte viene operata la flocculazione chimica del liquame.

Bacino di bilanciamento idraulico e filtrazione biologica

Il bacino di bilanciamento idraulico e filtrazione biologica provvede ad equalizzare la portata di alimentazione idraulica dell’impianto di fitodepurazione operando contemporaneamente il primo stadio di depurazione dell’acqua proveniente dal trattamento primario.

Le vasche solitamente utilizzate sono rettangolari di capacità variabile in base alle utenze. Per applicazioni più ampie è possibile abbinarne anche più di una. Per la filtrazione biologica viene adottato un corpo di riempimento realizzato con moduli plastici a canali incrociati con elevate superficie specifica e frazione di vuoto e i pacchi di riempimento sono ripartiti in una o più cataste a base rettangolare. Ogni catasta viene sistemata ad una certa altezza dal fondo mediante un’apposita struttura di sostegno ad elementi in acciaio inossidabile e cemento.

Sul fondo della vasca sono installati degli aeratori di profondità a bolle fini per l’ossigenazione dei pacchi tramite un flusso d’aria ascensionale. Tali dispositivi sono dimensionati per erogare una portata d’aria la cui resa di ossigeno è sufficiente a supportare l’attività batterica operante sul filtro biologico.

Sul fondo sono installate anche delle pompe sommerse di cui due per il rilancio dell’acqua trattata all’impianto di fitodepurazione ed una per il ricircolo dell’acqua percolata in testa a ciascun filtro. Le due pompe di rilancio sono dimensionate in modo da erogare la portata progettuale di alimentazione del letto di fitodepurazione e sono comandate da un interruttore di livello di minima e da un interruttore di livello di massima e di solito presentano un impegno di potenza di 0,37 kW. La pompa di ricircolo, dimensionata in modo da erogare una portata molto superiore a quella di rilancio, è priva di interruttore di livello e grazie ad un distributore “splash-plate” distribuisce il ricircolo uniformemente su tutta la superficie superiore del filtro.

Provenendo dal trattamento primario l’acqua entra nel bacino di bilanciamento idraulico e filtrazione biologica da cui viene rilanciata alla fitodepurazione ad una portata progettuale costante. Nelle fasi di maggiore portata in ingresso rispetto alla portata di rilancio il livello si alza, mentre nelle fasi di minore portata di ingresso si abbassa. Così operando il bacino assorbe le punte di scarico equalizzando l’alimentazione idraulica.

Durante la sua permanenza in questo vano l’acqua viene continuamente ricircolata in testa al filtro percolando attraverso i pacchi di riempimento in controcorrente con l’aria insufflata dagli aeratori. La superficie libera dell’acqua nel bacino oscillando fra il livello di minima e quello di massima comporta situazioni in cui il filtro biologico è completamente emerso (e opera pertanto come filtro percolatore a ventilazione forzata) e altre in cui è completamente immerso (e opera come biofiltro sommerso aerato). Nella situazione intermedia invece il filtro biologico sarà in parte emerso e in parte immerso (per cui opera contemporaneamente come filtro percolatore a ventilazione forzata e come biofiltro sommerso aerato).

L’inserimento del filtro biologico all’interno del bacino di equalizzazione idraulica permette di ovviare alla realizzazione di una vasca dedicata al solo bilanciamento con consistente riduzione dei costi. A ciò si aggiunge il vantaggio derivante dalle prestazioni del filtro biologico il quale, operando sia come filtro percolatore a ventilazione forzata che come biofiltro sommerso aerato presenta i pregi dell’una e dell’altra tecnica senza soffrirne i difetti.

Impianto di fitodepurazione

Il trattamento terziario di finitura è operato da un impianto di fitodepurazione a flusso sommerso orizzontale, di cui riportiamo un esempio nell’elaborato grafico sotto.

esempio di impianto di fitodepurazione a flusso sommerso

Un impianto di questo tipo è costituito da un invaso ricavato sul terreno, naturalmente impermeabile o impermeabilizzato artificialmente. All’interno dell’invaso è realizzato un letto di materiali inerti (mezzo filtrante) al fine di agevolare la crescita di piante idrofite caratterizzato da una conducibilità idraulica tale da assicurare un buon deflusso dell’acqua. In testa viene installata la condotta superficiale di entrata e distribuzione dell’acqua e in uscita un collettore di fondo per la raccolta dell’acqua fitodepurata. Quest’ultimo immette generalmente in un pozzetto esterno che ha la funzione di agevolare il campionamento del refluo ed è attrezzato in modo da permettere la regolazione del livello dell’acqua nel letto. Il pozzetto è a sua volta collegato con la condotta di scarico dell’acqua depurata al corpo recettore finale.

Nella zona di trattamento sono trapiantate le macrofite acquatiche: la più utilizzata è la cannuccia di palude (phragmites australis) che presenta ottima capacità di trasportare ossigeno atmosferico fino in profondità tramite le sue lunghe radici creando un ambiente favorevole alla proliferazione di batteri aerobici. Si tratta di una specie erbacea perenne a rapida crescita e moltiplicazione che non richiede particolari impegni di manutenzione. Le piante sono inoltre accettabili dal punto di vista estetico e in grado di resistere per periodi anche lunghi senza alimentazione di refluo. Per questo è particolarmente utilizzata per applicazioni a utenze variabili o stagionali.

Come detto, i materiali di riempimento del mezzo filtrante e l’apparato radicale delle piante sviluppano una elevata superficie su cui si insediano e proliferano le colonie batteriche aerobiche e anaerobiche catalizzatrici delle reazioni di biodegradazione delle sostanze inquinanti.

I solidi sospesi vengono intrappolati negli interstizi fra i materiali di riempimento e fra questi e le radici delle piante. Questi, residui dell’attività batterica nel filtro biologico e nello stesso fitodepuratore, sono di natura organica e vengono dunque biodegradati dalla flora batterica. Da ciò consegue la non necessità di un ulteriore trattamento di sedimentazione finale. Nel contempo si ha la degradazione delle sostanze disciolte, comprese quelle azotate (infatti l’alternanza di zone aerobiche e anossiche prefigura l’ambiente propizio per la nascita e la sopravvivenza dei batteri denitrificatori). Se si necessita di rimozione del fosforo viene fatto un trattamento di post-precipitazione chimica a valle della fitodepurazione.

La fitodepurazione è in grado di rimuovere fino al 99,99 % della carica batterica dell’acqua grazie alla alternanza di condizioni aerobiche e anaerobiche a cui i microrganismi non riescono a sopravvivere: pertanto il sistema non richiede un trattamento finale di disinfezione.

IN CONCLUSIONE: VANTAGGI DEL SISTEMA

Il sistema di trattamento descritto può essere applicato al trattamento delle acque reflue urbane, domestiche e assimilate nonché delle acque reflue industriali biodegradabili con particolare riguardo alle acque di scarico delle aziende agroalimentari.

Il sistema presenta delle vantaggiose peculiarità:

  1. Bassi costi di realizzazione. Il costo di realizzazione è notevolmente inferiore a quello di un depuratore tradizionale di pari potenzialità (per esempio a fanghi attivi).
  2. Affidabilità ed elevate prestazioni. La diffusione della fitodepurazione è ancora oggi ostacolata dal timore di esalazioni maldeoranti e proliferazione di insetti ma queste manifestazioni si verificano se l’acqua affiora dalla superficie del letto, inconveniente da escludere se l’impianto è stato ben dimensionato e realizzato. L’acqua depurata è inoltre in genere di qualità superiore rispetto a quella trattata da un depuratore tradizionale per cui può essere riutilizzata o scaricata in corpi recettori per i quali le norme prevedono limiti di emissione particolarmente restrittivi.
  3. Bassi costi di gestione. Non viene prodotto fango secondario di supero, eliminandone quindi gli oneri di smaltimento che si limitano unicamente a quelli derivanti dal funzionamento dalla unità di trattamento primario. Bassi sono anche gli oneri di gestione, limitati all’impegno di manodopera per la sorveglianza del quadro elettrico di funzionamento degli elettrocomponenti.
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