TRATTAMENTO ACQUE REFLUE E METEORICHE: FOSSE BIOLOGICHE
DEPURATORI, DISOLEATORI
DEGRASSATORI, SISTEMI INTEGRATI
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Presidi idraulici stradali

Presidi idraulici stradali

Presentiamo in questa sezione le caratteristiche costruttive e le modalità di funzionamento degli impianti che proponiamo per il trattamento delle acque meteoriche di dilavamento di sedi stradali e in generale delle pavimentazioni pertinenti ad esse. Questi impianti operano la separazione e l’accumulo di olii e liquidi leggeri (benzina, petrolio, ecc.) derivanti da eventuali sversamenti accidentali.

GENERALITÀ

Tipicamente l’impianto consiste in una “trappola” per l’olio e la fanghiglia trascinati dalle acque meteoriche di dilavamento che precipitano su strade di transito veicolare al fine di ottenere un effluente conforme ai limiti di emissione previsti dalle norme per le varie tipologie di scarico (in fognatura, in acque superficiali e su suolo). Esso è attrezzato in modo da bypassare il flusso entrante (deviandolo in un bacino di raccolta e contenimento dedicato allo scopo) nel caso in cui sia composto prevalentemente da liquidi leggeri derivanti da sversamenti accidentali e occasionali. E’ questa una situazione di emergenza che (dove richiesto) può essere segnalata da un allarme comandato da un’apposita strumentazione di rilevazione installata nel bacino di raccolta.

L’impianto consiste in un separatore per liquidi leggeri o “disoleatore“ (regolamentato dalle norme UNI EN 858-1 e UNI EN 858-2) che contemporaneamente provvede al contenimento di qualunque rovesciamento eccezionale di liquido leggero.

L’impianto è realizzato con l’utilizzo di vasche monoblocco prefabbricate in cemento armato vibrato realizzate a getto in soluzione monoblocco e che quindi forniscono la massima garanzia di tenuta idraulica, di resistenza strutturale e di durata. Tali manufatti vengono solitamente interrati e ricoperti da un solaio carrabile o pedonale recanti i relativi chiusini in ghisa o cemento preposti all’ispezione e alla manutenzione dei vari componenti impiantistici.

In generale la configurazione dell’impianto prevede tre comparti:

  • Un bacino di sfangamento che opera la rimozione mediante sedimentazione di sabbia e fanghi dilavati dalle acque meteoriche che precipitano sulle sedi stradali;
  • Un bacino di disoleazione per la rimozione delle sospensioni leggere contenute nell’acqua decantata proveniente dal bacino di sfangamento;
  • Un bacino di emergenza dedicato specificatamente alla raccolta e contenimento dei liquidi leggeri in occasione eventuali sversamenti accidentali sulla sede stradale.

In figura sotto è rappresentato un tipico impianto.

schema di impianto per il trattamento delle acque di dilavamento di sedi stradali

Visto l’utilizzo di vasche modulari tali comparti possono essere realizzati con una o più vasche accoppiate o con comparti ricavati all’interno di una singola vasca monoblocco tramite uno o più setti divisori.

COMPONENTI IMPIANTISTICI

valvola di chiusura automatica a galleggiante

La condotta di drenaggio principale delle acque meteoriche di dilavamento della sede stradale (che ovviamente raccoglie anche gli eventuali liquidi sversati accidentalmente) si immette nel bacino di sfangamento (a meno di uno scolmatore di piena, come quello in figura). Questo comunica con quello di disoleazione attraverso una valvola di chiusura automatica a galleggiante, costituita da una scatola metallica provvista di uno o due galleggianti appositamente tarati in modo da galleggiare sull’acqua e affondare nell’olio. 

Con l’aumento dello spessore dello strato d’olio qui intrappolato, i galleggianti si abbassano fino ad ostruire completamente la tubazione di collegamento fra i bacini di sfangamento e di disoleazione: tale situazione si verifica se il volume totale dello strato di olio che galleggia nel bacino di disoleazione supera un certo limite. Ciò avviene quando nell’impianto è entrata una quantità consistente di liquidi leggeri (è questo il caso degli sversamenti accidentali) oppure se lo strato di olio galleggiante (trattenuto durante il normale funzionamento) non è stato rimosso per mancata manutenzione. 

pacco lamellare nel vano di disoleatore

Il bacino di sfangamento comunica per troppo pieno anche con il bacino di emergenza mediante una condotta (o un troppo pieno) posta ad un livello intermedio fra le quote della condotta di drenaggio (in ingresso) e del tubo di comunicazione con il bacino di disoleazione. Quest’ultimo è un separatore equipaggiato con un filtro a coalescenza o un pacco lamellare ed un serbatoio di raccolta e accumulo dello strato d’olio galleggiante, attrezzato con un rubinetto di presa munito di valvola di intercettazione (solitamente manuale).

Tipicamente il bacino di emergenza ha una capacità tale da contenere almeno tutto il liquido fuoriuscito da una autocisterna da 20 m3 ma è ovviamente possibile aumentare la sua capacità anche adottando più di una vasca. E’ inoltre possibile installare sul fondo del bacino una speciale sonda rilevatrice di liquido a pavimento che invia il segnale ad un allarme acustico nei pressi dell’impianto o direttamente ad una postazione presidiata. Chiaramente durante il funzionamento normale dell’impianto il bacino di emergenza deve essere completamente vuoto.

FUNZIONAMENTO

In condizioni di funzionamento normale (cioè con la valvola a galleggiante aperta) le acque si immettono nel bacino di sfangamento dove i solidi sedimentabili si depositano sul fondo mentre l’acqua e le sospensioni oleose passano nel bacino di disoleazione. Qui, tali sospensioni leggere tendono ad accumularsi in superficie mentre l’acqua chiarificata attraversa il filtro a coalescenza (o il pacco lamellare) e si immette nella condotta di scarico. Nell’attraversamento del filtro (o del pacco lamellare) le particelle oleose di dimensioni più esigue trascinate verso il basso dal flusso vengono trattenute formando sospensioni più consistenti che mano a mano risalgono in superficie. Se lo strato di olio galleggiante supera il limite la valvola a galleggiante si chiude. Pertanto, prima di tale evento, si deve travasare nel serbatoio l’olio in superficie aprendo l’apposito rubinetto. Quando questo serbatoio è pieno occorre provvedere al suo svuotamento tramite spurgo.

Periodicamente è inoltre necessario effettuare il controlavaggio con aria compressa del filtro a coalescenza (ove presente), per ovviare all’eccessivo intasamento del mezzo filtrante al fine di non inibire il corretto funzionamento idraulico del sistema.

Se dimensionato in osservanza dei requisiti minimi richiesti dalle norme UNI EN 858-1 e 2, il disoleatore è in grado di rimuovere gli olii e idrocarburi leggeri presenti nell’acqua fino ad un contenuto residuo non superiore a 5 mg/l, concentrazione conforme ai limiti di emissione previsti dalla tabella 3 dell’allegato 5 alla parte terza del D.Lgs. n. 152/2006 per lo scarico dell’acqua depurata in corso d’acqua superficiale e in fognatura. Per consentire la verifica di tale conformità, lungo la condotta di scarico deve essere installato un apposito pozzetto per il campionamento dell’acqua uscente dal separatore.

In una situazione di emergenza (cioè in caso di sversamento accidentale di liquidi leggeri) il flusso entrante di tali liquidi provoca l’immediata chiusura della valvola a galleggiante: quando questo accade il livello dell’acqua nel bacino di sfangamento si innalza e i liquidi vengono bypassati nel bacino di emergenza. 

CENNI SUL DIMENSIONAMENTO DELL'IMPIANTO

Le acque meteoriche di dilavamento delle sedi stradali vengono solitamente convogliate all’impianto di trattamento mediante delle canalizzazioni (che di solito corrono lungo i lati della strada). Il progetto di queste canalizzazioni e il calcolo delle portate sono solitamente riportati in una relazione idraulica da cui si estrapola il valore della portata massima dell’acqua piovana conferita all’impianto.

Tale portata però può essere determinata tramite un procedimento semplificato al fine di effettuare un dimensionamento dell’impianto stesso.

La portata massima dell’acqua piovana per le precipitazioni viene calcolata mediante la seguente relazione (riportata nella UNI EN 858-2):

Qr = ψ A i

dove:

  • Qr è la portata massima (in l/s);
  • Ψ è un coefficiente di afflusso che dipende dalle condizioni di deflusso superficiale della superficie scolante;
  • A è l’area che raccoglie della superficie scolante (in ha);
  • i è l’intensità della pioggia di progetto (in l/s x ha) che, in base ai dettami della UNI EN 858-2, deve essere determinata in conformità ai regolamenti locali.

L’intensità della pioggia di progetto viene calcolata tramite la curva di probabilità pluviometrica, espressa dalla seguente relazione:

i = 2,78 a δn-1

dove δ è la durata della pioggia (in ore) e i parametri a ed n dipendono dalla zona geografica e dal tempo di ritorno tr (inteso come l’intervallo di tempo, espresso in anni, nel quale l’evento meteorico viene mediamente eguagliato o superato).

La durata della pioggia di progetto viene imposta pari al tempo di corrivazione che può essere calcolato mediante la seguente formula (Kirpich):

                         l 0,77
δ = 0,000325 ────
                        p0,385

Dove l è la lunghezza del tratto stradale dal punto più lontano all’impianto (in metri) e p è la pendenza media di tale tratto (in m/m).

Tramite le relazioni (1)-(3) è quindi possibile calcolare la portata massima dell’acqua piovana addotta all’impianto di trattamento che normalmente rappresenta la portata di progetto.

Il tempo di corrivazione nelle sedi stradali può risultare molto elevato (dell’ordine dell’ora) e c’è possibilità che, prima del termine della pioggia di progetto, all’impianto sia pervenuta interamente l’acqua piovana classificata come prima pioggia. Pertanto è lecito parzializzare il flusso entrante nell’impianto di trattamento mediante l’installazione a monte di uno scolmatore opportunamente dimensionato.

La dimensione nominale (indicata generalmente con “NS”) del disoleatore, così come definita dalla UNI EN 858-1, viene calcolata mediante la relazione:

NS = Qprog fd

dove:

  • Qprog è la portata di progetto (in l/s);
  • fd è il fattore di densità dell’olio il cui valore minimo è specificato dalla suddetta norma.

La dimensione nominale da assegnare al disoleatore è quella uguale o immediatamente superiore al valore calcolato tramite la relazione (4).

Per un corretto dimensionamento dei volumi del bacino di sfangamento e del comparto di disoleazione e dell’area di galleggiamento di quest’ultimo si rimanda direttamente al prospetto 5 della UNI EN 858-2.

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